di Alberto SIMONI - 16 ottobre 2010 LA STAMPA
Hu Jintao: ci sono troppi poveri, la crescita sia inclusiva
Alcuni ex dirigenti chiedono più libertà civili. Xi Jinping verso la presidenza nel 2012
Secondo il presidente HuJintao bisogna rimuovere le barriere che impediscono ai 720 milioni di persone che abitano nelle zone rurali di partecipare allo sviluppo economico di abolire la censura e di favorire la libertà di espressione, sancita dalla Costituzione.
Le porte del grande albergo di Pechino che da ieri ospita il Comitato centrale del partito comunista resteranno ermeticamente chiuse fino a lunedì pomeriggio, quando gli oltre 300 membri lasceranno il plenum. E una sintesi di quello che per quattro giorni si sono detti sotto la regia del presidente Hu Jintao e del premier Wen Jiabao, uscirà sui giornali governativi.
Da anni il rito si ripete sempre uguale a se stesso. I vertici del regime decidono, impostano la direzione e la velocità di marcia, varano il piano economico quinquennale. Eppure quest’anno anche la rigidità del protocollo sembra mostrare qualche crepa. Le stanze restano «off limits» per i reporter, ma l’ambiente del partito comunista cinese non è più quel blocco granitico, immobile e sin insensibile a ogni rivendicazione. Più che il Nobel per la Pace di Liu Xiaobo, il dissidente che Pechino considera un criminale, sono le diseguaglianze sociali, sempre più laceranti e profonde, il convitato di pietra. Così Hu Jintao nei giorni scorsi ha parlato di una nuova fase nello sviluppo: non più la «crescita ad ogni costo», ma una «crescita inclusiva». Che tenga conto di quei 720 milioni di abitanti delle zone rurali, perlopiù contadini, che vivono al limite, quando non sotto, la soglia di povertà, che non partecipano ai consumi e che cominciano a nutrire «odio verso i ricchi», anche perché, stando a uno studio dell’Istituto nazionale di economia, nel 2008 i guadagni frutto di corruzione ammontavano a 989 miliardi di euro, un terzo del Pil nazionale. Correggere la crescita selvaggia dell’ultimo decennio significa migliorare il sistema del welfare, aumentare i salari, rendere più agevole per la gente avere una casa. Distribuzione e partecipazione allo sviluppo, insomma. Questioni di giustizia sociale, ma non solo. Per anni la Cina ha costruito la sua crescita sul costo bassissimo della manodopera e sull’export. Ricette oggi non più garanzia di successo. Hu Jintao e i suoi consiglieri economici ritengono ora fondamentale estendere i consumi domestici.
Vi è poi il tema delle riforme politiche. L’intervista alla Cnn e al Time nella quale Wen Jiabao ha sottolineato la necessità che l’allargamento degli spazi di libertà civili accompagni le riforme economiche», ha avuto una certa eco sulla stampa cinese, anche se l’agenzia ufficiale Xinhua non l’ha riportata. Segno che vi sono diverse fazioni nel partito. Un’ulteriore scossa viene dalla denuncia - diffusa sul Web - di 23 «anziani» ex dirigenti del partito che hanno chiesto a Pechino vdi abolire la censura e di favorire la libertà di espressione, sancita dalla Costituzione. Come queste rivendicazioni risuoneranno fra i 300 delegati «reclusi» a discutere del Pil e della distribuzione della ricchezza resta un’incognita.
Meno dubbi invece su chi erediterà nel 2012 il potere. Il leader della quinta generazione sarà Xi Jinping, promosso a vicepresidente della Commissione militare centrale, ultimo gradino prima del balzo alla presidenza. Xi è ritenuto un liberale e potrebbe avviare le riforme politiche. Ma anche Hu e Wen avevano promesso le riforme e non le hanno mai portate avanti.
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Hu Jintao: ci sono troppi poveri, la crescita sia inclusiva
Alcuni ex dirigenti chiedono più libertà civili. Xi Jinping verso la presidenza nel 2012
Secondo il presidente HuJintao bisogna rimuovere le barriere che impediscono ai 720 milioni di persone che abitano nelle zone rurali di partecipare allo sviluppo economico di abolire la censura e di favorire la libertà di espressione, sancita dalla Costituzione.
Le porte del grande albergo di Pechino che da ieri ospita il Comitato centrale del partito comunista resteranno ermeticamente chiuse fino a lunedì pomeriggio, quando gli oltre 300 membri lasceranno il plenum. E una sintesi di quello che per quattro giorni si sono detti sotto la regia del presidente Hu Jintao e del premier Wen Jiabao, uscirà sui giornali governativi.
Da anni il rito si ripete sempre uguale a se stesso. I vertici del regime decidono, impostano la direzione e la velocità di marcia, varano il piano economico quinquennale. Eppure quest’anno anche la rigidità del protocollo sembra mostrare qualche crepa. Le stanze restano «off limits» per i reporter, ma l’ambiente del partito comunista cinese non è più quel blocco granitico, immobile e sin insensibile a ogni rivendicazione. Più che il Nobel per la Pace di Liu Xiaobo, il dissidente che Pechino considera un criminale, sono le diseguaglianze sociali, sempre più laceranti e profonde, il convitato di pietra. Così Hu Jintao nei giorni scorsi ha parlato di una nuova fase nello sviluppo: non più la «crescita ad ogni costo», ma una «crescita inclusiva». Che tenga conto di quei 720 milioni di abitanti delle zone rurali, perlopiù contadini, che vivono al limite, quando non sotto, la soglia di povertà, che non partecipano ai consumi e che cominciano a nutrire «odio verso i ricchi», anche perché, stando a uno studio dell’Istituto nazionale di economia, nel 2008 i guadagni frutto di corruzione ammontavano a 989 miliardi di euro, un terzo del Pil nazionale. Correggere la crescita selvaggia dell’ultimo decennio significa migliorare il sistema del welfare, aumentare i salari, rendere più agevole per la gente avere una casa. Distribuzione e partecipazione allo sviluppo, insomma. Questioni di giustizia sociale, ma non solo. Per anni la Cina ha costruito la sua crescita sul costo bassissimo della manodopera e sull’export. Ricette oggi non più garanzia di successo. Hu Jintao e i suoi consiglieri economici ritengono ora fondamentale estendere i consumi domestici.
Vi è poi il tema delle riforme politiche. L’intervista alla Cnn e al Time nella quale Wen Jiabao ha sottolineato la necessità che l’allargamento degli spazi di libertà civili accompagni le riforme economiche», ha avuto una certa eco sulla stampa cinese, anche se l’agenzia ufficiale Xinhua non l’ha riportata. Segno che vi sono diverse fazioni nel partito. Un’ulteriore scossa viene dalla denuncia - diffusa sul Web - di 23 «anziani» ex dirigenti del partito che hanno chiesto a Pechino vdi abolire la censura e di favorire la libertà di espressione, sancita dalla Costituzione. Come queste rivendicazioni risuoneranno fra i 300 delegati «reclusi» a discutere del Pil e della distribuzione della ricchezza resta un’incognita.
Meno dubbi invece su chi erediterà nel 2012 il potere. Il leader della quinta generazione sarà Xi Jinping, promosso a vicepresidente della Commissione militare centrale, ultimo gradino prima del balzo alla presidenza. Xi è ritenuto un liberale e potrebbe avviare le riforme politiche. Ma anche Hu e Wen avevano promesso le riforme e non le hanno mai portate avanti.
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