L’"altro" metano rivoluziona il mercato mondiale del gas L’estrazione "non convenzionale" e a bassi costi della fonte energetica da rocce, carbone, sabbie e argille LUCA PAGNI
[...] gas "non convenzionale", [...] negli Stati uniti. È qui che, nel corso degli ultimi duetre anni, grazie al progresso in campo tecnologico si è assisto a un vero boom nell’estrazione di metano dalle rocce metamorfiche, dal carbone e dalle argille. Si tratta di giacimenti i cui pozzi una volta individuati vengono messi in produzione in breve tempo. Grazie a uno sviluppo inaspettato in campo ingegneristico, si possono sfruttare risorse prima difficilmente accessibili, con nuovi sistemi di perforazione orizzontale e di fratturazione idraulica. Questo ha portato le compagnie a investire in nuove esplorazioni con fondi che le banche concedono più facilmente che in breve hanno portato grandi risultati, con l’individuazione di campi di notevoli dimensioni dal Texas alla Louisiana. Il tutto a costi tecnici di fatto dimezzati rispetto all’estrazione del gas convenzionale (quello che, tradizionalmente, si trova assieme al petrolio o vicino ai suoi giacimenti).
Questo ha portato gli Stati Uniti a disporre di una quantità senza precedenti di materia prima: già a fine 2008, la produzione di gas non convenzionale ha superato la metà della domanda complessiva del paese e per la fine dell’anno in corso dovrebbe avvicinarsi a superare il 65% del fabbisogno nazionale. E senza che nessuno lo prevedesse fino a un paio di stagioni fa, gli States sono diventati il primo produttore mondiale di metano: e se fino a tre anni fa si parlava di declino della produzione di gas in America (esattamente come sta avvenendo in Europa dove sono in esaurimento i giacimenti del Mare del Nord) ora si parla tranquillamente di surplus. Con un andamento dei prezzi che ha seguito la più elementare delle leggi economiche: proprio per l’abbondanza di offerta, il prezzo è sceso fino a 3 dollari per poi assestarsi tra i 5 e i 6 dollari per Mbtu (l’equivalente del barile per il petrolio).
[...] viene usato per produrre energia e riscaldare la case. In questo modo, le società energetiche hanno a disposizione per la vendita sui mercati esteri tutto il gas "convenzionale" che si erano accaparrati con contratti di lungo termine. In particolare, è crollata la domanda del cosiddetto Lng (gas naturale liquido): già nel 2008 le importazioni negli Usa di Lng erano scese da 22 a 9 miliardi di metri cubi e per la fine dell’anno non dovrebbero superare i 3 miliardi di metri cubi. Soltanto nel 2000, gli analisti indicavano gli Stati Uniti come il paese che, in assoluto, avrebbe avuto bisogno di Lng. Ora di fatto non ne hanno più bisogno.
Conseguenza: tutto il Lgn in eccesso, che i mediatori si erano procurati negli anni passati, si è riversato in Europa. E lo stesso hanno fatto i grandi produttori di metano che negli anni Novanta hanno investito nei grandi impianti per la liquefazione e nelle navi gasiere, dai "grandi" come il Qatar ai più "piccoli" come l’Indonesia. Le ripercussioni sul mercato del gas non si sono fatte attendere: è sceso il prezzo del Lng in arrivo negli impianti di rigassificazione europei, in Olanda come in Spagna. O come all’ultimo arrivato sulle coste del Mediterraneo, il mega impianto al largo delle coste di Rovigo controllato proprio dalla società statale qatarina, da ExxonMobile e dall’italiana Edison, capace di trattare fino a 8 miliardi di metri cubi.
I grandi gruppi europei del settore, da Eni a E.On, da Gdf Suez a Gas Natural si sono così dovute adeguare, muovendosi in due direzioni. Da una parte hanno approfittato dell’occasione di acquistare gas a prezzi più bassi anche del 40%, ma dall’altra hanno dovuto aprire un contenzioso di difficile soluzione con i paesi produttori di gas convenzionali. In particolare, con i russi di Gazprom e gli algerini di Sonatrach, che insieme alla società di stato libica negli ultimi anni hanno fornito più del 50% del fabbisogno di gas in Europa.
[...] gas "non convenzionale", [...] negli Stati uniti. È qui che, nel corso degli ultimi duetre anni, grazie al progresso in campo tecnologico si è assisto a un vero boom nell’estrazione di metano dalle rocce metamorfiche, dal carbone e dalle argille. Si tratta di giacimenti i cui pozzi una volta individuati vengono messi in produzione in breve tempo. Grazie a uno sviluppo inaspettato in campo ingegneristico, si possono sfruttare risorse prima difficilmente accessibili, con nuovi sistemi di perforazione orizzontale e di fratturazione idraulica. Questo ha portato le compagnie a investire in nuove esplorazioni con fondi che le banche concedono più facilmente che in breve hanno portato grandi risultati, con l’individuazione di campi di notevoli dimensioni dal Texas alla Louisiana. Il tutto a costi tecnici di fatto dimezzati rispetto all’estrazione del gas convenzionale (quello che, tradizionalmente, si trova assieme al petrolio o vicino ai suoi giacimenti).
Questo ha portato gli Stati Uniti a disporre di una quantità senza precedenti di materia prima: già a fine 2008, la produzione di gas non convenzionale ha superato la metà della domanda complessiva del paese e per la fine dell’anno in corso dovrebbe avvicinarsi a superare il 65% del fabbisogno nazionale. E senza che nessuno lo prevedesse fino a un paio di stagioni fa, gli States sono diventati il primo produttore mondiale di metano: e se fino a tre anni fa si parlava di declino della produzione di gas in America (esattamente come sta avvenendo in Europa dove sono in esaurimento i giacimenti del Mare del Nord) ora si parla tranquillamente di surplus. Con un andamento dei prezzi che ha seguito la più elementare delle leggi economiche: proprio per l’abbondanza di offerta, il prezzo è sceso fino a 3 dollari per poi assestarsi tra i 5 e i 6 dollari per Mbtu (l’equivalente del barile per il petrolio).
[...] viene usato per produrre energia e riscaldare la case. In questo modo, le società energetiche hanno a disposizione per la vendita sui mercati esteri tutto il gas "convenzionale" che si erano accaparrati con contratti di lungo termine. In particolare, è crollata la domanda del cosiddetto Lng (gas naturale liquido): già nel 2008 le importazioni negli Usa di Lng erano scese da 22 a 9 miliardi di metri cubi e per la fine dell’anno non dovrebbero superare i 3 miliardi di metri cubi. Soltanto nel 2000, gli analisti indicavano gli Stati Uniti come il paese che, in assoluto, avrebbe avuto bisogno di Lng. Ora di fatto non ne hanno più bisogno.
Conseguenza: tutto il Lgn in eccesso, che i mediatori si erano procurati negli anni passati, si è riversato in Europa. E lo stesso hanno fatto i grandi produttori di metano che negli anni Novanta hanno investito nei grandi impianti per la liquefazione e nelle navi gasiere, dai "grandi" come il Qatar ai più "piccoli" come l’Indonesia. Le ripercussioni sul mercato del gas non si sono fatte attendere: è sceso il prezzo del Lng in arrivo negli impianti di rigassificazione europei, in Olanda come in Spagna. O come all’ultimo arrivato sulle coste del Mediterraneo, il mega impianto al largo delle coste di Rovigo controllato proprio dalla società statale qatarina, da ExxonMobile e dall’italiana Edison, capace di trattare fino a 8 miliardi di metri cubi.
I grandi gruppi europei del settore, da Eni a E.On, da Gdf Suez a Gas Natural si sono così dovute adeguare, muovendosi in due direzioni. Da una parte hanno approfittato dell’occasione di acquistare gas a prezzi più bassi anche del 40%, ma dall’altra hanno dovuto aprire un contenzioso di difficile soluzione con i paesi produttori di gas convenzionali. In particolare, con i russi di Gazprom e gli algerini di Sonatrach, che insieme alla società di stato libica negli ultimi anni hanno fornito più del 50% del fabbisogno di gas in Europa.
In sostanza, i manager delle compagnie europee, da qualche mese, hanno intavolato trattative sia con Gazprom che Sonatrach per rivedere gli accordi di fornitura. Che non solo prevedono contratti di lungo periodo, ma sono spesso legati alla cosidetta clausola del "take or pay": se, per qualche ragione, la quantità di gas contrattata in anticipo non viene ritirata bisogna pagarla lo stesso. E ora siamo proprio in questa situazione: i gruppi europei non vorrebbero ritirare il gas da Russia e Algeria perché se lo procurano a prezzi molto più bassi dai rigassificatori. Ma russi e algerini impongono la clausola del take or pay.
Come uscirne? Rivedendo i contratti. Ma Gazprom e Sonatrach, fino ad ora, hanno concesso solo qualche sconto e/o qualche dilazione. Mettendo nei guai i bilanci del gruppi europei. In che misura lo si potrà che vedere nei bilanci di fine anno, tenendo conto che tutto ciò arriva in un momento di forte calo della domanda a causa della crisi economica. In Italia, per citare qualche dato, la domanda complessiva nel corso dei primi sei mesi del 2010 è calata dell’8% complessivamente e del 14% per il consumo industriale.
Per l’Europa ci sarebbe un’altra via da percorrere, quella dell’indipendenza dalle forniture, cosa cui non è abituata visto che i giacimenti del Vecchio Continente soddisfano solo il 30% della domanda interna e sono tutti in via di esaurimento (l’Italia arriva solo al 10%). ma qualche passo avanti si sta facendo. Per esempio, andando alla ricerca di giacimento di gas convenzionali anche al di qua dell’Atlantico. Sfruttando il gas che si può ricavare dal carbone (il coal bed methane): perforazioni sono in corso in Germania, Francia e Svizzera ma anche in Italia (fiume Bruna in Toscana, Val di Noto in Sicilia e nel Sulcis della Sardegna). Mentre in Polonia si pensa di sfruttare i bacini della lignite.
In alternativa, i grandi gruppi possono pensare di andare a comprare il gas non convenzionale dove c’è già. Ecco spiegata l’operazione varata da Eni meno di un anno fa: l’alleanza strategica con Quicksilver Resources, produttore indipendente di gas in Texas, che ha portato all’acquisizione del 27,5% di un’area di produzione di gas dalle argille per 280 milioni di dollari. L’accordo prevede anche uno scambio di know how che Eni potrà utilizzare nell’esplorazione in altre parti del mondo. E sarà anche il caso di muoversi se è vero quanto sostengono gli esperti: che il gas non convenzionale potrebbe soddisfare la domanda mondiale per i prossimi 50150 anni.
Come uscirne? Rivedendo i contratti. Ma Gazprom e Sonatrach, fino ad ora, hanno concesso solo qualche sconto e/o qualche dilazione. Mettendo nei guai i bilanci del gruppi europei. In che misura lo si potrà che vedere nei bilanci di fine anno, tenendo conto che tutto ciò arriva in un momento di forte calo della domanda a causa della crisi economica. In Italia, per citare qualche dato, la domanda complessiva nel corso dei primi sei mesi del 2010 è calata dell’8% complessivamente e del 14% per il consumo industriale.
Per l’Europa ci sarebbe un’altra via da percorrere, quella dell’indipendenza dalle forniture, cosa cui non è abituata visto che i giacimenti del Vecchio Continente soddisfano solo il 30% della domanda interna e sono tutti in via di esaurimento (l’Italia arriva solo al 10%). ma qualche passo avanti si sta facendo. Per esempio, andando alla ricerca di giacimento di gas convenzionali anche al di qua dell’Atlantico. Sfruttando il gas che si può ricavare dal carbone (il coal bed methane): perforazioni sono in corso in Germania, Francia e Svizzera ma anche in Italia (fiume Bruna in Toscana, Val di Noto in Sicilia e nel Sulcis della Sardegna). Mentre in Polonia si pensa di sfruttare i bacini della lignite.
In alternativa, i grandi gruppi possono pensare di andare a comprare il gas non convenzionale dove c’è già. Ecco spiegata l’operazione varata da Eni meno di un anno fa: l’alleanza strategica con Quicksilver Resources, produttore indipendente di gas in Texas, che ha portato all’acquisizione del 27,5% di un’area di produzione di gas dalle argille per 280 milioni di dollari. L’accordo prevede anche uno scambio di know how che Eni potrà utilizzare nell’esplorazione in altre parti del mondo. E sarà anche il caso di muoversi se è vero quanto sostengono gli esperti: che il gas non convenzionale potrebbe soddisfare la domanda mondiale per i prossimi 50150 anni.
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"L’"altro" metano rivoluziona il mercato mondiale del gas L’estrazione "non convenzionale" e a bassi costi della fonte energetica da rocce, carbone, sabbie e argille"
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