di Adriana CERRETELLI - BRUXELLES 9 ottobre 2010 - IL SOLE 24 ORE
Impazza la guerra valutaria, il mondo globale pare sull’orlo su una nuova crisi di nervi con Europa e euro che rischiano di farne le spese ma Gianfelice Rocca guarda più lontano, alla tenuta del modello di sviluppo europeo, alla competitività del "Made in Eu". «Il cambio è un elemento rilevante ma ce ne sono altri. Concentrarsi su quello è un po’ come guardare solo la schiuma della birra, che non è la birra».
Presidente del gruppo Techint, attività sparse ai quattro angoli del mondo e soltanto un quinto in Europa, Rocca inevitabilmente vive e ragiona su paradigmi globali. All’indomani della tournée del premier Wen Jiabao nell’Ue e in Italia, il vicepresidente di Confindustria per l’Educazione continua a vedere i notevoli punti di forza dell’Europa rispetto ai grandi competitor. A patto che non rinunci come gli Stati Uniti, dice in questa intervista, al manifatturiero medium high tech. E a patto che la Cina diventi un mercato aperto e un paese responsabile sulla scena globale, anche sulla politica di cambio. Altrimenti la reazione sarà protezionismo, un disastro per tutti.
Tensioni sui cambi, ripresa economica fragile, incertezze finanziarie diffuse, l’ombra lunga della Cina sul mondo industrializzato, l’Europa in allarme. Come finirà?
L’Europa esce dalla crisi meglio degli altri. Con il 21% del Pil mondiale contro il 20 degli Stati Uniti e il 13 della Cina. Con la bilancia commerciale in pareggio contro il profondo deficit americano. Con meno debito, 80% contro 100 degli Usa e 200 del Giappone. Risparmio privato positivo. Con 174 grandi imprese contro le 139 americane e 21 nelle prime 50, contro le 20 Usa. Con livelli educativi nella media
Nelle divergenze interne all’Unione, nel fatto che i vari sistemi nazionali hanno resistito alla crisi in modo asimmetrico. Nei rapporti con l’Asia, poi, la grande questione è la tenuta del medium high-tech. Per esempio? La crisi del 2008 è stata una crisi dell’economia reale manifestatasi in una crisi finanziaria. Il che in Europa ha riportato l’attenzione sull’industria. Gli Stati Uniti hanno puntato tutto sull’high tech, oggi non producono un pc, e una distribuzione dei redditi meno sbilanciata di quella di Stati Uniti e Cina.
Apparentemente tutto molto confortante. Allora dove stanno i problemi? un Iphone e neanche un Ipad, hanno perso la classe media e così hanno consumatori impoveriti, redditi maldistribuiti e una ripresa senza occupazione.
In breve, lei dice, evitare la via americana...
Il manifatturiero medium high tech, che oggi rappresenta il 37% dell’occupazione diretta e indiretta europea ed è uno dei punti di forza dell’economia tedesca e italiana, deve essere al centro della nostra strategia industriale insieme allo sviluppo dei servizi alla persona, visto che abbiamo una grande fetta della popolazione che invecchia ma è anche ben patrimonializzata. Il manifatturiero è in grado di garanrire crescita con occupazione.
Ma il manifatturiero è il settore dove la concorrenza asiatica, soprattutto cinese, morde di più. Non trova?
La Cina ormai punta all’innovazione indigena, a liberarsi dalla dipendenza tecnologica estera. Passando dal "Made in China" all’"Innovate in China". Questo, naturalmente, lancia una grande sfida al medium high-tech europeo. Conclusione? L’Europa ha urgente bisogno di una politica industriale degna di questo nome, come quella cinese, che non si fermi come è stato finora a quella di ricerca.
Oggi la Cina appare il colosso prenditutto, disposta a cedere quasi su niente, men che meno sul cambio. Esagera?
Credo che oggi la Cina dovrebbe assumersi lo stesso ruolo della Germania quando si faceva carico dell’Europa. Se Pechino si farà carico dei problemi globali sarà più forte, se guarderà solo a se stessa diventerà più piccola. E prima o poi si scatenerà addosso il protezionismo del mondo intero.
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