La rivolta dei giovani europei

L'Is attinge a un grande bacino
di giovani francesi radicalizzati, che a prescindere dalla
situazione in Medio Oriente sono già in cerca di una
causa, di un'etichetta, di una grande narrazione su cui
apporre la firma sanguinaria della loro rivolta personale.

Per questo l'eventuale distruzione dell'Is non basterà a fermare la rivolta.
La collaborazione tra questi giovani e l'Is è semplicemente una questione di opportunità.

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Domani combatteranno per un'altra bandiera, a meno che la
morte in battaglia, la vecchiaia o la disillusione non
svuotino i loro ranghi, un po' come è accaduto all'estre-
ma sinistra degli anni settanta.

Il problema fondamentale per la Francia
non è il califfato siriano, che presto o tardi evaporerà
come un miraggio, ma la rivolta dei giovani. Per questo
dobbiamo capire se questi ragazzi sono l'avanguardia
di una guerra imminente o solo le scorie di un borborig-
mo della storia.
I francesi di seconda generazione non aderiscono all'islam
dei lorogenitori. Sono occidentalizzati e parlano francese per-
fettamente. Hanno condiviso la cultura giovanile del-
la loro generazione, hanno bevuto alcol, fumato
hashish, rimorchiato ragazze. Molti di loro sono stati
almeno una volta in prigione, e poi un bel mattino si
sono (ri)convertiti sceg1iendo l'islam salafita, ovvero
un islam che rifiuta il concetto di cultura, un islam del-
la regola che gli permette di ricostruirsi da sé. Non vo-
gliono la cultura dei genitori e nemmeno una cultura
“occidentale”, che ormai è il simbolo del loro odio ver-
so se stessi.

Improvvisamente -ed è questa la grande differenza
con il caso dei giovani palestinesi che partecipano alle
diverse forme di intifada - i genitori musulmani degli
estremisti francesi non capiscono piú la rivolta dei loro
figli.

La violenza a cui aderiscono è una vio-
lenza moderna. Uccidono come gli autori delle stragi
statunitensi e come Anders Breivik, a sangue freddo.
In loro il nichilismo e l'orgoglio sono profondaanente
interconnessi.
Questo individualismo forsennato si ritrova nel loro
isolamento rispetto alle comunità musulmane. Pochi
frequentano una moschea e i loro imam sono spesso
autoproclamati. La loro radicalizzazione si sviluppa at-
torno a immagini di eroi, alla violenza e alla morte, non
alla sharia o all'utopia. In Siria vanno solo per combat-
tere, nessuno di loro si integra o si interessa alla società
civile. Sono piu nichilisti che utopisti.

Nessuno si è impegnato nella sua comunità consegnando
i pasti alla fine del Ramadan o pregando nelle moschee e nelle strade.
Nessuno ha condotto studi religiosi approfonditi. Nes-
suno si interessa di teología, nemmeno alla natura del
jihad o dello Stato islamico.
Tutti si radicalizzano insieme a un piccolo gruppo di
“compagni”.
Le cellule jihadiste non somi-
gliano a quelle dei movimenti radicali d”ispirazione
marxista onaziona1ista(F1n algerino, Ira o Eta) : essen-
do fondate su legami personali, sono piü impermeabili
al1'infiltrazione.
I terroristi non sono l'espressione di una radicaliz-
zazione della popolazione musulmana, ma il prodotto
di una rivolta generazionale che coinvolge una catego-
ria precisa di giovani. Ma perché scelgono l'islam? Per
i ragazzi della seconda generazione il motivo è eviden-
te: rielaborano un'identità che ai loro occhi è stata
compromessa dai genitori e si convincono di essere
“piü musulmani dei musulmani”, in particolare dei
padri.

di Olivier Roy - selezione del testo di un articolo apparso su Internazionale

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